Anche in questo caso, lo stemma è caratterizzato da un'aquila bicipite in campo d'oro, ma, caricata sul tutto, è posta una fascia d'argento. Manfredi di Svevia. Nell'ottobre 1253 Napoli fu presa da Corrado. 103-145), lo pone tra coloro che si sono pentiti solo in fin di vita e sono stati accolti dalla "bontà infinita", ed è ricordato particolarmente per il verso 130: Or le bagna la pioggia e move il vento. Egli poté nominare vicari in Toscana, nel ducato di Spoleto, nella marca d'Ancona, in Romagna e in Lombardia. Anche in Italia settentrionale, dopo la catastrofe di Ezzelino III da Romano (1259), i ghibellini, rimasti assai forti, fecero capo a lui. Figlio naturale (1232- Benevento, 1266) di Federico II di Svevia e di Bianca dei conti Lancia, la quale fu sposata prima della morte dall'Imperatore (rimane dubbio se con questo atto Manfredi risultasse legittimato). Manfredi si trovò in situazione assai difficile per le ribellioni molteplici scoppiate nel regno e alimentate da papa Innocenzo IV, che dichiarava il regno ricaduto alla Santa Sede. Questi ben presto era divenuto sospettoso e ostile verso Manfredi, il quale dovette rinunciare a tutti i feudi minori e accettare anche la diminuzione della sua autorità nel principato di Taranto. Il 21 maggio 1254 Corrado morì di malaria[7], lasciando il figlio Corradino (ancora bambino e rimasto in Germania) sotto la tutela del papa e nominando governatore del regno il marchese Bertoldo di Hohenburg. - Figlio naturale (n. 1232 - m. Benevento 1266) dell'imperatore Federico II e di Bianca Lancia, poi legittimato. Il suo esercito sconfisse quello pontificio presso Foggia (2 dicembre). Il papato, che continuava a non vedere di buon occhio l'insediamento della casa imperiale di Svevia nel Regno di Sicilia, si accinse a occupare il regno con un esercito, essendo quel territorio proprio vassallo in quanto la casa di Svevia era erede degli Altavilla primi beneficiari della concessione del Regno. Federico II morì il 13 dicembre 1250 e lasciò a Manfredi il Principato di Taranto con altri feudi minori; gli affidò inoltre la luogotenenza in Italia, in particolare quella del Regno di Sicilia, finché non fosse giunto l'erede legittimo, il fratellastro di Manfredi, Corrado IV, che in quel momento era impegnato in Germania. Manfredi nasce nel 1232 ed accompagna il padre in molte avventure militari e diplomatiche, lo assiste in punto di morte il 13 dicembre 1250. Sette mesi dopo la morte di Manfredi, la tomba fu violata da Bartolomeo Pignatelli, vescovo di Cosenza, con il consenso di papa Clemente IV. RDE DA BENEVENTO ALL'OBLIO L'ULTIMO VIAGGIO DI RE MANFREDI In occasione del 7500 anniversario delln traslazione delle spoglie del Re Manfredi di Svevin, morto il 26 febbra io 1266 nella battaglia dì Beneven to, e di cui nOI1 5; conosce COI1 certezza l'ultimo luogo di sepoltura ATTI DEL CONVEGNO Ceprano, 8 ottobre 2017 con il contribu to d i Indice Manfredi di Svevia ed il potere … Il 26 febbraio 1266 nella battaglia di Benevento muore Manfredi, ultimo sovrano svevo del regno di Sicilia. Il 13 dicembre 1250 sul letto di morte l'imperatore Federico Il redige il suo secondo e ultimo testamento. Il francese Urbano IV, successore di Alessandro IV, riprendendo un disegno di Innocenzo IV, offri la corona di Sicilia a Carlo d'Angiò, fratello di Luigi IX, re di Francia, che aveva già posto piede in Italia ottenendo la signoria di vari comuni piemontesi. Italia dopo Federico II Alla morte di Federico II esplosero i contrasti già importanti tra Guelfi e Ghibellini e la guerra per il dominio del regno di Sicilia tra Papato, Angioini e Aragonesi. Noto anche come Corrado V di Hohenstaufen, duca di Svevia, fu l’ultimo sovrano della illustre dinastia: con lui si estinguerà, in pratica, la discendenza diretta. L'11 ottobre 1254, presso il ponte del fiume Verde (l'attuale Liri), a Ceprano, Manfredi prestò il servizio di stratore e il giuramento di fedeltà a Innocenzo IV. Dante Alighieri, nel Purgatorio (canto III, vv. Roma stessa divenne ghibellina sotto il controllo del senatore bolognese Brancaleone degli Andalò e il Papa fu costretto (1257) a trasferire la sede pontificia a Viterbo, dove morì quattro anni dopo. Fara Misuraca Nel 1256 Manfredi fondò Manfredonia, nei pressi dell'antica Siponto: nei progetti del regnante, Manfredonia era stata designata a fungere da capitale di Puglia ("Apuliae Caput", dove per Apuliae si intendeva in quel tempo tutto il meridione continentale) e importante centro per i traffici commerciali del Mediterraneo. Un'ultima insegna attribuita a Manfredi è riprodotta in una delle miniature della Chronica Majora, importante manoscritto medievale del monaco benedettino e cronista inglese Matthew Paris. Corradino di Sveviadi Alberto Gentile Corradino di Svevia nacque a Landshut, in Germania, nel 1252. Uno dei suoi soldati aveva ucciso Manfredi con un colpo di spada, senza nemmeno riconoscerlo. Ancora nell'Historia della Città e Regno di Napoli, alla base della tavola a corredo della biografia di Manfredi, è riportata un'ulteriore e particolare arme, che, nelle pagine precedenti dell'opera, è ricondotta anche a Federico II[18]: si tratta di uno stemma con aquila bicipite, che reca, caricato in cuore, uno scudetto, il quale, con capo troncato cuneato da parte a parte, è interzato in palo, con, nel primo terziere, tre pini o pigne male ordinate, nel secondo, tre leoni passanti, posti l'uno sull'altro, ovvero l'arme di Svevia, e, nell'ultimo, la croce di Gerusalemme[19]. Quindi, in un primo tempo, Urbano IV tentò di vendere il regno a Riccardo di Cornovaglia, che vantava anche una discendenza normanna, e poi a suo nipote Edmondo di Lancaster, ma senza successo. “Iο mi volsi ver’ lui e guardail fiso: biondo era e bello e di gentile aspetto, ma l’un de’ cigli un colpo avea diviso”: così Dante Alighieri, nel III canto del Purgatorio, descrive il suo incontro con Manfredi di Svevia (1232-1266). Insomma, con la morte di Corrado forse parve naturale che il comando dovesse essere di Manfredi e certo il principe di Taranto non si fece troppi scrupoli legalistici. Il reggente inviò a trattare con il pontefice ad Anagni un'ambasciata di cui faceva parte Manfredi. Il suo governo umano gli conciliò l'affetto dei popoli. La battaglia campale avvenne presso Benevento il 26 febbraio 1266; le milizie saracene e tedesche fecero viva ma non fortunata resistenza, quelle italiane abbandonarono Manfredi, che morì combattendo con disperato valore. Al papa non riuscì l'intento di arruolare i re d'Inghilterra e di Norvegia in una Crociata contro gli Hohenstaufen, anzi la guerra procedette vantaggiosamente per Manfredi, che nel corso del 1257 sbaragliò l'esercito pontificio e domò le ribellioni interne, rimanendo in saldo possesso del regno, mentre dalla Germania il giovanissimo nipote Corradino gli conferiva ripetutamente i poteri vicariali. Diffusasi nel 1258, probabilmente per opera stessa di Manfredi, la voce della morte di Corradino, i prelati e i baroni del regno invitarono Manfredi a salire sul trono ed egli fu incoronato il 10 agosto nella cattedrale di Palermo. Nel dicembre 1254 morì papa Innocenzo IV e il conflitto proseguì sotto il comando del suo successore Alessandro IV, papa assai meno energico del suo predecessore, che pronunciò una nuova scomunica nei confronti dello svevo. Diffusasi nel 1258, probabilmente per opera stessa di Manfredi[9], la voce della morte di Corradino, i prelati e i baroni del regno invitarono Manfredi a salire sul trono ed egli fu incoronato il 10 agosto nella cattedrale di Palermo da Rinaldo Acquaviva, vescovo di Agrigento. Alla morte di Federico (1250) divenne reggente per l'imperatore Corrado IV (1228-1254), suo fratellastro; nel 1258 scavalcò i diritti del nipote Corradino e si fece incoronare a Palermo. L'esercito di Carlo nel dicembre 1265 penetrò per la Savoia e il Piemonte in Lombardia, ove la parte ghibellina non riuscì a opporre sufficiente resistenza, e di là per la Romagna giunse nell'Italia centrale e a Roma, ove Carlo fu incoronato re di Sicilia il 6 gennaio 1266. Manfredi di Svevia, l’unico figlio illegittimo di Federico II che questi ha legittimato prima di morire, rendendolo il solo Hohenstaufen in grado di poter tenere uniti impero e reame. Figlio naturale dell’imperatore Federico II e di Bianca Lancia, poi legittimato. Questi mosse quindi verso il Mezzogiorno e poté entrare nel regno con poca difficoltà avendo ceduto le truppe di Manfredi al passaggio del Garigliano del ponte di Ceprano. In seguito racconta loro la storia della sua morte nella battaglia di Benevento e rivela l’ingiusta persecuzione che l’arcivescovo di Cosenza fece contro le sue spoglie. Dal padre apprese l'amore della poesia e della scienza. Morto nel dicembre 1254 a Napoli Innocenzo IV, la guerra continuò contro il successore Alessandro IV, assai meno energico, essendo fallito un nuovo tentativo d'accordo ed essendo stata pronunciata dal papa il 25 marzo 1255 una nuova scomunica contro Manfredi. Alla morte del padre, avvenuta nel 1250, divenne reggente del regno di Sicilia, al posto del legittimo successore, Corrado IV di Svevia, suo fratellastro, che si trovava in Germania. A Manfredi, secondo una tesi consolidata, sarebbe da attribuire l'iniziativa dell'adozione, quale stemma del Regno di Sicilia, della cosiddetta arme di Svevia-Sicilia, ovvero l'insegna d'argento all'aquila con il volo abbassato di nero[14], derivata dallo stemma imperiale[15]. Manfredi Figlio naturale di Federico II di Svevia e di Bianca dei conti Lancia, dal quale inizialmente prese il cognome, Manfredi nasce nel 1232. Pur senza alcuna prova documentaria, secondo alcuni Manfredi sarebbe nato ed avrebbe vissuto la sua fanciullezza a Venosa[1], mentre secondo recenti studi potrebbe essere nato nel castello di San Gervasio e visse la sua fanciullezza nel territorio tra il Vulture e l'Alto Bradano, nell'odierna Basilicata[2]. Nel pieno delle sue facoltà, il nipote del Barbarossa stabilisce la linea di successione al trono del Regno di Sicilia: Corrado, Enrico e infine Manfredi. La decisiva battaglia di Benevento, avvenne il 26 febbraio 1266; le milizie siciliane e saracene insieme alle tedesche difesero strenuamente il loro re, mentre quelle italiane abbandonarono Manfredi, che morì combattendo con disperato valore. Il giovane sovrano si trovò in una situazione assai difficile per le molte ribellioni scoppiate nel Regno e fomentate da papa Innocenzo IV, il quale secondo gli accordi di Melfi del 1059, era alto sovrano del Regno di Sicilia quindi sotto il vassallaggio dalla Santa Sede. Questi si accinse a occupare il regno con un esercito; e Manfredi, vista l'assoluta inferiorità delle proprie forze, concluse con il pontefice un accordo accettando l'occupazione pontificia con una semplice riserva dei diritti di Corradino e propri; fu assolto dalla scomunica, investito dal pontefice del principato di Taranto (27 settembre 1254) e degli altri suoi feudi e nominato vicario della Chiesa nella maggior parte del regno. Ottenne l'ingresso e la fedeltà dei Saraceni (2 novembre) e con il tesoro paterno trovato là poté arruolare altre truppe. Riconosciuto il corpo, fu seppellito sul campo di battaglia sotto un mucchio di pietre, ma la tomba fu ben presto distrutta con l'avvento degli angioini nel Regno di Sicilia. La posizione di Manfredi divenne ancor più difficile in seguito all'uccisione, da parte dei suoi uomini, di Borrello d'Anglona, un barone protetto dalla Curia pontificia. LA COMPLICATA EREDITÀ DI FEDERICO II Con la morte di Federico II, il 13 dicembre 1250, Manfredi finì alla guida del Principato di Taranto ed ottenne la luogotenenza in Italia, in particolare quella del Regno di Sicilia, finché non fosse giunto a reclamare il trono l’erede legittimo, il fratellastro Corrado IV, che era rimasto impegnato in Germania. Il padre era Corrado IV, figlio di Federico II, la madre Elisabetta di Wittelsbach (di Baviera). Figlio naturale di Federico IIdi Svevia, Manfredi nacque nel 1232 circa. La Campania venne occupata dalle truppe pontificie, a cui tenne dietro il papa in persona. Morì durante la battaglia di Benevento, sconfitto dalle truppe di Carlo I d'Angiò. Nuove trattative con il pontefice riuscirono vane. È pur vero che chi muore … La Bibbia di Manfredi è un codice miniato duecentesco scritto dall'amanuense Johensis: questa Bibbia - che presenta notevoli influssi dell'arte gotica francese e inglese - fu realizzata a Napoli per lo stesso Manfredi tra il 1250 e il 1258, come attesta la dedica al principe[13]: essa fu di prototipo per altri codici, che si pensa siano usciti da una bottega miniatoria di Napoli attiva per la corte e per l'ambiente universitario. Manfredi racconta che dopo essere stato colpito a morte nella battaglia di Benevento, si pentì dei suoi orribili peccati e chiese perdono a Dio, che gli concesse per questo la salvezza: se il vescovo di Cosenza, spinto da papa Clemente IV a dargli la caccia, si fosse reso conto di questo, il suo corpo sarebbe ancora sotto il mucchio di pietre presso il ponte dove fu sepolto, invece di essere stato disseppellito e trasportato a lume spento lungo il fiume Liri. Il suo La vittoria conseguita e la morte di Manfredi di Svevia. A questa bottega si fa riferire anche il famoso esemplare del De arte venandi cum avibus della Biblioteca Vaticana che è una copia parziale ma splendidamente illustrata del famoso trattato di Federico II, certamente commissionata da Manfredi. Manfredi di Svevia ed Elena d'Epiro, questi sconosciuti. La fortezza di San Germano fu presa dopo maggiore resistenza. Ora sì che conosciamo quanto fosse dolce il governo tuo, posto in confronto dell'amarezza presente. Manfredi agì con energia per ristabilire il dominio svevo e riuscì a ricondurre all'obbedienza varie città ribelli, ma non Napoli. Manfredi di Sicilia nella realtà storica. Alla morte del padre (1250) fu reggente per il fratellastro Corrado IV allora in Germania, osteggiato da papa Innocenzo IV e da una parte della feudalità del regno, e specialmente da Pietro Ruffo, vicario in Calabria e Sicilia. In questo contesto Manfredi si trovò subito in chiaro dissidio con il Pontefice; grazie però alla fine abilità diplomatica ereditata dal padre, concluse con il pontefice un accordo accettando l'occupazione pontificia con una semplice riserva dei diritti di Corradino e propri: fu assolto dalla scomunica, investito dal pontefice del principato di Taranto (27 settembre 1254) e degli altri suoi feudi e nominato vicario della Chiesa nella maggior parte del Regno. Ulteriori conferme, con tutti i limiti e le cautele proprie di questo genere di riscontri a fini probatori, potrebbero arrivare, inoltre, dall'iconografia legata al sovrano siciliano e, nello specifico, dalle diverse miniature della Nova Cronica, nelle quali l'arme associata a Manfredi è, a ogni sua occorrenza, d'argento all'aquila di nero[15]. Vano riuscì l'appello rivolto da Manfredi ai Romani con un manifesto (24 maggio) in cui chiedeva di essere nominato Imperatore da loro, quali detentori dell'autorità imperiale. Alla morte di Federico II di Svevia, gli succedette sul trono il figlio Corrado, che assunse da imperatore il nome di Corrado IV.Egli morì dopo soli quattro anni di regno, senza essere riuscito a riconciliarsi con il Papato e lasciando il trono imperiale al figlioletto di due anni, sotto la tutela materna. Arme di Svevia-Sicilia, introdotta o, comunque, adottata da Manfredi come Re di Sicilia, Errata blasonatura dello stemma di Manfredi di Sicilia, Stemma di Manfredi di Sicilia, secondo Goffredo di Crollalanza. Manfredi agì con energia per ristabilire il dominio svevo e riuscì a ricondurre all'obbedienza varie città ribelli, ma non Napoli; in questa impresa fu aiutato dallo zio, Galvano Lancia. 2) (Italian Edition) eBook: Valentini, MGL, Graphics, Nikka: Amazon.co.uk: Kindle Store Stock Image. Canto III versi 123-131). così Dante descrive Manfredi di Svevia, morto a 34 anni nella Battaglia di Benevento (1266) combattendo eroicamente contro l'Esercito di Papa Urbano IV schierato con l'invasore Carlo d’Angiò. Tu ci sembravi un lupo rapace fra le pecorelle di questo regno; ma da che per la nostra volubilità ed incostanza siamo caduti sotto il presente dominio, tanto da noi desiderato, ci accorgiamo infine, che tu eri un agnello mansueto. Che l'iniziativa di fissare l'argento, in sostituzione dell'oro, per il campo dello stemma siciliano sia attribuibile a Manfredi o, invece, sia a lui precedente, appare plausibile, comunque, convenire che fu certo l'utilizzo di tale smalto, per le proprie insegne, da parte del sovrano siciliano. Tentò anche di giungere a un accordo con Innocenzo IV, ma non arrivò a nulla (si pensa che volesse farsi investire del Regno dal papa). A tal proposito, infatti, l'araldista tedesco Erich Gritzner sostenne che «nel 1261, le bandiere di guerra di Manfredi erano di zendale bianco caricato di un'aquila nera». Nell'ottobre 1251 Corrado scese in Italia e nel gennaio 1252 sbarcò a Siponto, proseguendo insieme al fratello nella pacificazione del regno. Alla fine del 1248 o all'inizio del 1249[4], la data è incerta, sposò Beatrice di Savoia, figlia del conte Amedeo IV di Savoia e di Margherita di Borgogna. Dichiarato dal Papa l'usurpatore di Napoli, Manfredi fu scomunicato nel luglio del 1254. L’ultimo viaggio di Manfredi di Svevia. Per avere un’idea di quanto sia successo a Manfredi dopo la sconfitta, bisogna necessariamente ripercorrere alcune tappe fondamentali della sua storia piuttosto travagliata, a partire dalla morte da prode sul campo dii battaglia. Nell'ottobre 1251 discese in Italia Corrado e nel gennaio 1252 giunse in Puglia, proseguendo in collaborazione con il fratello la sottomissione del regno. Tentò anche trattative di accordo con Innocenzo IV, senza concludere nulla (si pensa che volesse farsi investire del regno dal papa). Era figlio naturale di Federico II di Svevia e di Bianca dei conti Lancia e Signori di Longi dei Duchi di Baviera,[3] sposata dall'imperatore solo poco prima della sua morte e, quindi, pienamente legittimato, malgrado la Curia romana disconoscesse quel vincolo matrimoniale, mossa com'era dal suo profondo odio per la casa di Hohenstaufen. Manfredi era a capo di un governo illuminato e pacifico, Mecenate sensibile alle arti e prosecutore degli sviluppi sociali avviati dal padre Federico II di Svevia e dalla raffinata madre piemontese Bianca Lancia. Uomo di profonda cultura, aveva studiato a Parigi e Bologna dopo essersi formato alla … Gli anni della sua formazione sono vissuti a Parigi e a Bologna. Federico II, morendo (nel dicembre 1250), lasciò a Manfredi il principato di Taranto con altri feudi minori e gli affidò la luogotenenza in Italia e in particolare nel regno di Sicilia finché non giungesse il fratello legittimo di lui, Corrado. Attualmente, ogni anno, nella città di Trani, a cui il re era molto legato, viene rievocato il matrimonio avvenuto nel 1259. L'araldista italiano Goffredo di Crollalanza, invece, attribuisce a Manfredi un vessillo azzurro all'aquila d'argento. Manfredi di Svevia, l'unico figlio illegittimo di Federico II che questi ha legittimato prima di morire, rendendolo il solo Hohenstaufen in grado di poter tenere uniti impero e reame. ...Poi sorridendo disse: Io son Manfredi,nepote di Costanza imperadrice[...]Se 'l pastor di Cosenza, che a la cacciadi me fu messo per Clemente allora,avesse in Dio ben letta questa faccia,l'ossa del corpo mio sarieno ancorain co del ponte presso a Benevento,sotto la guardia de la grave mora.Or le bagna la pioggia e move il ventodi fuor dal regno, quasi lungo 'l Verde,dov'e' le trasmutò a lume spento.». Anche se fu incoronato a Palermo, Manfredi privilegiò come dimore i palazzi di Lucera e Foggia, in Capitanata, in quanto di fatto centri operativi e amministrativi istituiti da Federico II[5], e soggiornò sovente presso il castello di San Gervasio in Basilicata, importante marescallia imperiale[6]. Portò dapprima il cognome di Lancia. Alla fine del 1248 sposò Beatrice di Savoia, figlia del conte Amedeo IV di Savoia e di Margherita di Borgogna, da cui ebbe una figlia: Il 2 giugno 1259 Manfredi, da poco vedovo di Beatrice di Savoia, sposò nel castello di Trani, Elena Ducas, figlia del despota d'Epiro Michele II.